| Pietro Serbessi, riconfermato Segretario Nazionale di FAST - ConfSAL |
La FAST (Federazione Autonoma Sindacati
Trasporti) è una delle confederazioni sindacali maggiormente rappresentative
sul piano nazionale. Tale riconoscimento le è stato conferito sul campo, grazie
all’adesione di un gran numero di lavoratori del settore dei trasporti. FAST è
legata a ConfSAL, la (Confederazione generale dei Sindacati Autonomi dei Lavoratori), la più rappresentativa tra le sigle sindacali
autonome secondo quanto è emerso dalle rilevazioni del Ministero del
Lavoro in forza di contratti e negoziati stipulati, nonché della diffusione sul
territorio nazionale.
Si sono svolti a Roma i lavori del
congresso nazionale di FAST – Confsal, hanno visto la riconferma all’unanimità
di Pietro Serbassi in veste di Segretario Nazionale. Per quanto riguarda il
comparto degli autisti di mezzi pesanti, è entrato a far parte della Segreteria
Nazionale, Giuseppe Niosi già responsabile della segreteria Piemonte e Valle
d’Aosta di FAST - Confsal Autotrasporto.
La mozione conclusiva del congresso
approvata all’unanimità dall’assemblea, ha fissato nuovi obbiettivi che
dovranno essere raggiunti dai lavoratori, ritenendo che le scelte finora
attuate in ambito delle riforme sulle pensioni e sul mercato del lavoro
“FORNERO, JOBS ACT e APE” ad oggi realizzate, hanno fallito clamorosamente gli
obiettivi e deluse le aspettative dei lavoratori.
Il periodo politico ed economico che
abbiamo attraversato non ha certamente aiutato a rafforzare il sindacato in
genere, né a conquistare quel diritto di tribuna che in una democrazia avanzata
dovrebbe appartenere a tutti i sindacati che dimostrano di essere in grado di
esprimere capacità negoziali e organizzative di supporto ai lavoratori che
liberamente ad essi si associano. FAST – Confsal ha saputo in più occasioni
dimostrare di possedere le virtù necessarie per sedere ai più importanti tavoli
di trattative, ma la strada per farsi accettare come federazione dei trasporti
e servizi è ancora lunga.
Per meglio comprendere la fase storica
che stiamo vivendo e il livello di regresso sociale cui siamo giunti, basta
scorrere le pagine del 50° rapporto del Censis. Sentire dire che l’Italia è un
Paese ripiegato su se stesso, che regge nonostante tutto grazie al lusso, alla
filiera enogastronomica, ai macchinari e al risparmio delle famiglie, equivale
a una brutale sentenza di sconfitta. Nella sua ultima relazione, lo storico
presidente del Censis, prof. Giuseppe De Rita, ha fotografato una situazione
sociale con molti limiti e rigidità apparentemente insuperabili.
Dalla “bolla di liquidità”,
prevalentemente in nero, che testimonia la perdita della propensione ad
investire, alla crisi delle istituzioni, che ha portato ad un grave scollamento
tra potere politico e corpo sociale, schiacciando i corpi intermedi come il
sindacato. Fino alla grande disillusione generazionale, con figli e nipoti più
poveri di genitori e nonni. L’enorme risparmio accumulato dagli italiani
dall’inizio della crisi, circa 114,3 miliardi di euro, è un dato che mi ha
molto impressionato e che dovrebbe far riflettere.
Una montagna di denaro che viene “tenuta
sotto il materasso” per paura è la diretta conseguenza di politiche economiche
e industriali che hanno portato ad una crescita abnorme del lavoro sommerso,
incoraggiando il risparmio cash e la continua ricerca di più redditi. Il
risultato è che, a differenza degli anni settanta, quando i risparmi servivano
a sviluppare idee industriali e imprenditoriali, oggi gli italiani usano il
risparmio come una pura “arma di difesa”.
Sempre secondo il Censis, deriva quel
fenomeno distorto per cui i nipoti sono più poveri dei nonni, al punto che si
registra per i giovani un reddito inferiore del 15,1% rispetto alla media dei
cittadini e per i nuclei under 35 una ricchezza familiare più bassa del 41,2%
rispetto alla media nazionale. Sul fronte opposto, mentre per la popolazione il
reddito si è complessivamente ridotto dell’8,3%, per gli over 65 è addirittura
salito del 24,3%. Un divario inesistente nel passato, se si pensa che negli
anni 90 i redditi dei giovani erano superiori alla media nazionale del 5,9%.
Un disagio che ha portato alla ben nota rottura
fra classe politica e società civile. Tutte le polemiche sulla casta,
sull’etica e sulla morale pubblica, hanno fatto sì che le istituzioni non solo
non riescano più a fare da cerniera, ma siano esse stesse sotto attacco,
alimentando quel clima di sfiducia che stiamo vivendo. Si tratta di una crisi
che i corpi intermedi dello Stato stanno tentando a fatica di affrontare, con i
partiti politici scivolati al penultimo posto nella fiducia degli italiani,
seguiti solo dalle banche. Chiaramente non possiamo escludere dallo scenario i
sindacati che, attraverseranno una crisi ancora peggiore se non sapranno
rispondere con nuovi modelli di relazioni sociali, se non saranno in grado di
avvicinarsi alla classe operaia ed allontanarsi dai più lusinghieri tavoli del
potere, se non avranno la lucidità indispensabile per imboccare la strada del rinnovamento
della cultura, prerogative necessarie a garantire il lavoro, il reddito e le
tutele essenziali come la salute e la sicurezza. L’accordo tra Confindustria e
Sindacati sulla rappresentanza, è un chiaro esempio di come venga limitata la
rappresentatività dei lavoratori.
Il congresso recepisce la necessità politica
di tale sottoscrizione e dà mandato alla segreteria nazionale su questo della
elaborazione di una posizione convergente con quanto espresso in merito dalla
Confsal auspicando una normativa in coerenza con la carta costituzionale a
garanzia della rappresentatività.
Il rilancio del sindacato voluto dall’assemblea
congressuale di FAST - Confsal, passa anche attraverso la riorganizzazione
dello stesso e la costituzione di un dialogo condiviso da tutto il sindacato
autonomo, che bada più alla tutela dei lavoratori che a garantire carriere politiche
ed incarichi di governo.
La riorganizzazione della Federazione
passa necessariamente con una maggiore interazione tra la Segreteria Nazionale
Generale e le strutture periferiche su tutto il territorio Nazionale.
In ragione a quanto deliberato dal congresso
e che nella stessa è già indicata, si delineano i seguenti obbiettivi:
1. Ricambio
generazionale significativo che preveda un rinnovamento;
2. Formazione
permanente di nuovi quadri sindacali a tutti i livelli;
3. Impegno politico per il raggiungimento della
riduzione sulla tassazione del lavoro ed una modifica organica del cuneo
fiscale.
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